Furono i Romani che per primi tentarono di coltivare questa vite particolare da cui si producevano dei grappoli dagli acini minuti con intenso pigmento e che per primi apprezzarono le doti di questo vino esuberante e conviviale. Tant’è che ”l’Aigleucos”, vino “spumante” ante litteram dell’antichità, veniva in parte realizzato con “viti labrusche”, facendo riposare il mosto dolce in anfore sigillate e immerse in acqua fredda per fermare la fermentazione; prima di porlo al consumo le anfore venivano esposte al caldo, così che il mosto ricominciava a fermentare e l’anidride carbonica sviluppata, non potendo disperdersi, era costretta a disciogliersi nel vino rendendolo frizzante.
E’, invece, grazie all’avvento dei Longobardi che si ebbe una stabilizzazione delle coltivazioni di queste varietà. Dalla loro successiva conversione al Cristianesimo derivò la diffusione sul territorio di comunità ecclesiali, riunite intorno alle pievi romaniche tra il VII-VIII secolo, dedite alla pratica culturale delle viti stanziali. Ciò spiegherebbe anche il fatto che siano state isolate viti labrusche così diverse nei caratteri da far pensare che ognuna abbia trovato grandi estimatori all’interno di queste comunità e che successivamente siano state diffuse nelle rispettive zone di competenza territoriale. Un processo quest’ultimo, lento, costante e sufficientemente articolato tanto da determinare una buona differenziazione delle diverse tipologie di viti.
La diversificazione fu tale che di queste specie, molto diffuse già nell'800, nella sola provincia di Modena ne erano state identificate e descritte circa 50 varianti. Nelle colline reggiane, si può dire che ogni cascina aveva un suo "lambrusco" selezionato dai boschi circostanti.
E’ in epoca un po’ più recente, precisamente nel 1867 ad opera di Francesco Agazzotti, che fu fatta una prima seria classificazione del vitigno Lambrusco. Egli proponeva, infatti, una prima suddivisione nelle tre tipologie di vitigni prevalentemente coltivati: Il lambrusco della viola o di Sorbara, il lambrusco Salamino, il lambrusco dai Graspi Rossi.
Venendo ai giorni nostri, si può dire che esistono diversi sottogruppi di Lambruschi, che per semplicità possiamo suddividere in due insiemi:
Il primo, più noto ed importante, è l’insieme dei vitigni diffuso tra l' Emilia-Romagna e la Lombardia. Si tratta di uve che danno vini franchi e poco tannici, che esprimono bene la propria tipicità vinificati come spumanti o frizzanti. Appartengono a quest’insieme il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Salamino, il Lambrusco Barghi, il Lambrusco Maestri, il Lambrusco Marani, il Lambrusco Oliva ed il Lambrusco Viadanese, varietà che, in recenti studi sul DNA, hanno evidenziato una certa affinità genetica.
Un secondo insieme, geograficamente più a nord, tra Trentino, Veneto e Lombardia, annovera due vitigni: Il Lambrusco a foglia frastagliata (o Enantio) e Il Lambrusco a foglia tonda (o Casetta), tipologie queste che danno vini con maggiore tannicità e struttura, adatti anche all'invecchiamento.
Esiste poi, in Piemonte, il Lambrusco di Alessandria, con caratteristiche enologiche più vicine alle varietà Trentine che a quelle Emiliane.
Da notare che i diversi nomi delle varietà di Lambrusco possono derivare dall'origine geografica (Alessandria, Montericco, Sorbara, Viadana), dal nome del selezionatore (Maestri, Marani) o da caratteristiche morfologiche (Salamino, Oliva).
Queste differenti varietà sono presenti in molteplici denominazioni tra le quali ricordiamo Lambrusco Salamino DOC, Lambrusco di Sorbara DOC, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC, Lambrusco Mantovano DOC.
Per quanto concerne il prodotto finale, purtroppo spesso il nome Lambrusco viene associato a vini ordinari che certamente non si ispirano a concetti di qualità. E' altrettanto vero però che ci sono diversi produttori che riescono ad ottenere risultati eccellenti che con i loro vini di grande qualità fanno dimenticare quel mare di Lambrusco che non rende giustizia a quest'uva.
Ed è a questa produzione di qualità che sarà dato spazio nel corso dell'appuntamento Wine Fitness dedicato al Lambrusco organizzato dall'Associazione Enodegustatori Campani. Visitate il sito dell'Associazione per tutti i dettagli.
Con il termine Lambrusco si identifica in realtà non uno ma una famiglia di vitigni a bacca rossa, dai quali si ottengono differenti varietà di vino, coltivati prevalentemente in Emilia Romagna ma presenti anche in altre zone d’Italia come la Lombardia, il Trentino, il Veneto e la Puglia.
Le origini del Lambrusco sono antichissime e sono riportate in tantissime testimonianze scritte di famosi poeti e scrittori dell'antica Roma (potevano mai mancare? :-) ) , tra cui Virgilio, Plinio il Vecchio e Catone che, nello specifico, raccontano di una "Lambrusca Vitis", ovvero di una vite selvatica che produceva frutti dal gusto aspro e che cresceva ai margini delle campagne. Sembrerebbe essere proprio questa l’etimologia della parola Lambrusco, che pare derivi da labrum (margine dei campi) e ruscum (pianta spontanea).
Alle origini, pertanto, c’è la vite selvatica e spontanea dalla cui domesticazione hanno avuto origine tutta una famiglia di vitigni, che vengono generalmente indicati come "Lambruschi".
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